giovedì 28 marzo 2019

Il museo dell’innocenza, Orhan Pamuk





Orhan Pamuk è un narratore straordinario, su questo credo che non ci siano dubbi. Se dovessimo andare alla ricerca di un filo conduttore all’interno della sua opera omnia, la risposta sarebbe scontata: raccontare la Turchia attraverso le vicende dei suoi abitanti, eternamente sospesi tra Oriente e Occidente. Questo romanzo – seppur lontano dai fasti di altre sue fatiche letterarie – riesce pienamente nell’intento di descrivere la storia di un’ossessione amorosa, incuneandosi nei meandri di un travagliato dramma sentimentale.

Il trentenne Kemal Basmaci, erede di una ricca famiglia di Istanbul, incontra in un negozio una commessa di straordinaria bellezza: la diciottenne Füsun, che è anche sua lontana cugina. Sarà l’inizio di una passione irrefrenabile, che coinvolgerà completamente i due amanti. Kemal, però, si rifiuterà di lasciare la fidanzata Sibel, di cui è promesso sposo. Di fronte a questa scelta, Füsun scomparirà lasciando l’innamorato in balia di una passione accecante, che lo spingerà a sciogliere il fidanzamento.
Parecchio tempo dopo Kemal ritroverà la ragazza, sposata ad un altro uomo, e si renderà conto che nulla potrà più essere come prima. Continuerà però a frequentare Füsun per otto lunghi anni, durante i quali si dedicherà alla disperata raccolta di qualunque oggetto utile ad immortalare i ricordi del tempo trascorso insieme a lei.

Con una scrittura splendida, dal ritmo lento ma estremamente coinvolgente, Pamuk ci racconta una disperata storia d’amore che è anche un riuscito affresco della Istanbul tra gli anni 70 ed 80: un passato neanche troppo lontano ma che appare parecchio distante se viene considerato da una prospettiva politico-sociale.
La componente maniacale del protagonista – vittima di quella cha pare un'insanabile psiconevrosi – viene descritta in maniera notevole; gli oggetti raccolti da Kemal nel corso degli anni si caricano di un potenza evocativa impressionante.
Quasi 600 pagine per raccontare una storia del genere, però, appaiono troppe: l’autore si dilunga spesso in ridondanti descrizioni e di tanto in tanto si lascia andare a ripetizioni che, talvolta, appesantiscono la narrazione.
Al di là di tutto, Il museo dell’innocenza resta un libro da leggere: la dimostrazione che, talvolta, il Premio Nobel per la Letteratura non viene assegnato a sproposito.

P.S. Va sottolineato che Pamuk ha davvero creato il suo “museo dell’innocenza”: un’esposizione di oltre mille oggetti che si trova a Istanbul, nel quartiere di Çukurcuma (dove è ambientato il romanzo).


Consigliato a: coloro che amano gli Scrittori con la S maiuscola, capaci di utilizzare microvicende individuali per raccontare la storia di un popolo e di una nazione, ed a chiunque voglia fare la conoscenza di uno dei più straordinari narratori contemporanei.


Voto: 7/10



lunedì 25 marzo 2019

Il valzer degli alberi e del cielo, Jean-Michel Guenassia


“Sono Marguerite van Gogh. La signora Marguerite van Gogh. La moglie di Vincent. Sono vecchia e stanca, sto per andarmene, ma non rimpiangerò questa terra. Ritroverò Vincent e staremo insieme per sempre.”
Questo è l’incipit di un libro che si è dimostrato di gran lunga inferiore alle attese. D’altra parte, visti i due precedenti romanzi di Guenassia – Il club degli incorreggibili ottimisti e La vita sognata di Ernesto G. – era lecito aspettarsi qualcosa di più. È davvero difficile inserire quest’opera nel solco delle precedenti fatiche letterarie; mi è sembrata, piuttosto, una sorta di “compitino”, svolto dall’autore per tacitare l’editore nell’attesa di trovare ispirazione per qualcosa di più solido e convincente. 
Come al solito, partiamo dalla trama…   
Siamo in Francia, ad Auvers-sur-Oise, nell’estate del 1890. L’uomo che si presenta a casa del dottor Gachet ha l’aspetto dimesso di un bracciante agricolo male in arnese. Si tratta, in realtà, di Vincent van Gogh: è arrivato in quel luogo in cerca di consulto per risolvere i propri problemi di salute. Per la giovane Marguerite, figlia del medico, appassionata di pittura ma insoddisfatta dei propri risultati, il nuovo arrivato diventerà, giorno dopo giorno, una presenza costante ed insostituibile: un maestro inarrivabile che farà accendere in lei la scintilla dell’amore .
II valzer degli alberi e del cielo narra gli ultimi settanta giorni della vita di Van Gogh, esposti sotto forma di diario da Marguerite: la ragazzina che - nella finzione romanzesca - fu l’ultimo amore del genio fiammingo. Affidandosi ad una scrittura semplice e scorrevole, Guenassia costruisce un racconto in cui gli elementi di fantasia prevalgono decisamente sugli aspetti storico-biografici: e questo è un grosso limite del romanzo, che rimane schiacciato tra l’incudine dell’indagine storica e il martello del feuilleton sentimentale.
Tra gli aspetti interessanti vanno comunque evidenziati la capacità di ritrarre un’immagine di Van Gogh del tutto inedita, filtrata attraverso lo sguardo di una giovane donna, l’attenzione per l'epoca d'oro degli impressionisti e – last but not least – l’audacia di fornire un ipotesi alternativa che contrasta decisamente con le risapute teorie relative al suicidio dell’artista.

Consigliato a: coloro che amano le biografie romanzate ed a chiunque voglia affrontare da un punto di vista originale e del tutto inedito le umane vicende di un artista straordinario.

Voto: 6/10



venerdì 22 marzo 2019

I ragazzi del massacro, Giorgio Scerbanenco





I ragazzi del massacro è il terzo romanzo del ciclo imperniato sul personaggio di Duca Lamberti: un ex-medico, radiato dall'Ordine per aver praticato l'eutanasia su una paziente in fase terminale, che si è trasformato in poliziotto coscienzioso e nemico delle ingiustizie. Ambientato a Milano come i precedenti, in un’atmosfera invernale grigia ed umida, è un romanzo che riesce – affidandosi allo strumento del noir – a raccontare lati oscuri di un’Italia in pieno miracolo economico.

A Duca Lamberti, stavolta, è stata affidata l'indagine sull'omicidio di una giovane insegnante, Matilde Crescenzaghi. Il delitto ha avuto luogo nell'aula di una scuola serale, nei pressi di Piazzale Loreto, dove Matilde si dedicava all’insegnamento. I suoi allievi erano undici ragazzi, di età compresa tra i tredici e i vent'anni, con alle spalle disastrose esperienze famigliari: madri prostitute, padri alcolisti o carcerati.
Duca, con il suo acume e la sua sensibilità, dovrà penetrare i meccanismi del “branco” di ragazzi allo sbando per cercare ricostruire le dinamiche dell’efferato omicidio.

Con una scrittura asciutta, semplice e diretta, Scerbanenco ci racconta una vicenda coinvolgente, piena di crudezza e di umanità. Ne scaturisce un riuscito affresco della Milano degli anni '60, palpitante e realistico, con personaggi ottimamente caratterizzati.
Lamberti è un personaggio affascinante. Lo svolgimento delle indagini, lo spessore delle sue meditazioni e la limpidezza dei dialoghi riportano alla mente le opere di un altro grande della narrativa noir: Georges Simenon.
La durezza della storia, che affronta di petto questioni irrisolte quali l’emarginazione sociale, la devianza giovanile, l’uso di stupefacenti ed il carcere minorile, ci mette davanti agli occhi quelli che sono elementi ricorrenti del disagio che, ancora oggi, si respira nelle periferie delle grandi città.


Consigliato a: coloro che amano il noir metropolitano, capace di approfondire importanti tematiche sociali e di far riflettere sul mondo di oggi, ed a chiunque voglia conoscere questo grande autore della narrativa di casa nostra che – malgrado il passare del tempo – continua a mostrare al mondo intero la sua eccellente modernità.


Voto: 8/10 



martedì 19 marzo 2019

Book Pride 2019: cambiamenti, delusioni e acquisti

Si è appena conclusa la quinta edizione del Book Pride - la Fiera dell'editoria indipendente – che si è tenuta da venerdì 15 a domenica 17 marzo.
Il leit motiv di quest’anno è stato “Ogni desiderio”, che in un’accezione prettamente letteraria può essere così sintetizzato:
Se il desiderio è il legame che connette chi scrive a chi legge, allora ogni editore è il ponte di corda – mobile, duttile – che mette in relazione lo sguardo di un autore con lo sguardo di quell’altro particolarissimo autore che è il lettore.


Qualche parola sull'edizione 2019
La novità principale, rispetto alle precedenti edizioni, è sicuramente rappresentata dal cambio di sede: dal complesso di Base Milano la manifestazione ha traslocato alla Fabbrica del Vapore, in zona Cimitero Monumentale.
Alla kermesse – a ingresso gratuito, è importante sottolinearlo - hanno partecipato circa 200 editori, con il coinvolgimento di case editrici non presenti negli anni precedenti, come Adelphi, Hoepli e Cortina.
Lusinghieri i risultati in termini di pubblico, in quanto i partecipanti sono stati 35 mila.
Di assoluto rilievo il tentativo di stabilire un punto di contatto con gli eventi concomitanti - Libri Come di Roma e Milano Digital Week 2019 - e la riproposizione di un “Book Pride Off” (il programma “Fuori Fiera”), all’interno del quale hanno trovato ospitalità reading, gruppi di lettura e conversazioni con gli scrittori.
Venendo agli eventi/incontri, il pubblico ha potuto ascoltare dal vivo autori di rilievo come Giorgio Fontana, Paolo Giordano, Fabio Geda, Marco Malvaldi e Alessandro Robecchi; buona anche la rappresentanza a livello internazionale, che ha visto la partecipazione di narratori d’elite come Peter Cameron, Kadel Abdolah e Anthony Cartwright.

Il Book Pride ha acquisito, col passare del tempo, una connotazione particolare che lo porta a distinguersi dalle altre fiere di casa nostra. Tra i fiori all’occhiello della rassegna vanno ricordati la preferenza per la qualità rispetto alla commerciabilità; il focus sull’editoria indipendente e la particolare attenzione nei confronti di libri ed autori che – spesso – rimangono un po’ isolati nel vasto arcipelago dell’editoria commerciale.

Tra gli elementi positivi dell’edizione che ci siamo appena lasciati alle spalle vanno sicuramente menzionati l’interesse del pubblico, con presentazioni che hanno fatto registrare il “sold out”, ed il successo in termini di vendite con migliaia di copie vendute. Interessante è stato il tentativo di fuoruscire dall’usuale circuito dei “lettori forti” per coinvolgere il grande pubblico: si pensi alle iniziative Young Book, ai laboratori e ai dibattiti tematici.

Purtroppo, però, ci sono anche dei lati negativi.
La nuova location ha fatto rimpiangere gli impianti di Base Milano: la disposizione degli stand è apparsa poco omogenea, talvolta frammentaria, sicuramente meno armoniosa di quanto apparisse in passato. L’illuminazione del nuovo contesto, in particolare, non ha agevolato le cose: l’atmosfera un poco tenebrosa ha trasmesso una sensazione di grigiore e tristezza che, in una rassegna dedicata ai libri, rappresenta una sorta di clamorosa autorete.
La “democraticità” in termine di grandezza degli stand, in cui case editrici con un vasto catalogo hanno il medesimo spazio di quelle con un catalogo più limitato, non rappresenta una scelta corretta, specialmente se accanto a banchetti strapieni all’inverosimile, coi libri quasi stipati, si riscontrano spazi desolatamente semivuoti.

Al di là di tutto, il Book Pride è una manifestazione che funziona e, nonostante qualche sbavatura, continua ad essere uno degli eventi clou della stagione letteraria. Speriamo che, nelle edizioni venture, si riesca a limare le imperfezioni e ad avere una Fiera sempre migliore, sia dal punto di vista degli eventi proposti che da quello del gradimento del pubblico.

Passiamo a noi e ai nostri acquisti...
Bene, adesso arriva la parte incredibile: avevamo in mente di stare alla fiera tutta la giornata, invece siamo stati dentro circa un'ora: in questo intervallo di tempo abbiamo avuto modo di fare comunque più giri, di fermarci a parlare con "colleghi" bookblogger/booktuber (in particolare Andrea Pennywise, grazie al quale Gio ha nuovamente allungato la lista desideri!) e c'è anche stato il tempo di fare gli acquisti.
Nello specifico, il risultato è di 5 a 0.
...
...
...
Sì, avete capito bene: nonostante avessimo entrambi una lista della spesa, Mely è uscita senza aver comprato nulla.
Tuttavia, mi sento in dovere di fare una menzione speciale alle ragazze dello stand della Fazi, poiché ci hanno comunque lasciato un omaggio anche se non abbiamo preso niente (il titolo in programma era già andato esaurito!).

Questi, invece, sono i libri acquistati da Gio:
- Nero Ananas, Voland
- I tempi nuovi, Sellerio
- La confusione morale, Sellerio
- La schiuma dei giorni, Marcos y Marcos
- I sette pazzi, SUR
Come vedete a lui è andata meglio, anche se si è abbastanza contenuto rispetto ai "danni" che ha fatto alle fiere precedenti.


Insomma, quest'anno è andata un po' così, ma speriamo di rifarci al SalTo e, NATURALMENTE, al Book Pride 2020!
Se anche voi siete stati alla Fabbrica del Vapore per l'occasione, fateci sapere come vi siete trovati e se avete fatto acquisti.


giovedì 14 marzo 2019

La guerra delle salamandre, Karel Capek




Confesso che, prima di sfogliare il tomone di Peter Boxall 1001 libri da leggere nella vita. I grandi capolavori della narrativa mondiale, non avevo idea dell’esistenza di quest’opera: una chiara dimostrazione del fatto che, ogni tanto, anche le vitepurate liste hanno la loro utilità.
La guerra delle salamandre è un apologo potente ed incisivo che sarebbe riduttivo confinare nei ranghi della fantascienza. Lo stesso autore, al momento della scrittura – la metà degli anni trenta - rifiutò di definirlo come "romanzo utopistico”: la situazione mondiale era gravissima ed un nuovo tremendo conflitto stava per scatenare tutta la sua forza distruttrice.

Nei mari del Sud viene scoperta una particolare specie di anfibi dai tratti umanoidi. I primi esemplari vengono utilizzati per la pesca delle perle o fatti esibire nei circhi come fenomeni da baraccone. A poco a poco si scoprirà che questi esseri, simili a grosse salamandre, hanno un’ottima capacità di apprendimento. Si cercherà quindi di "civilizzarle", fino a giungere ad un punto di non ritorno: il loro uso ai fini militari da parte di diverse nazioni.
Questi esseri, però, acquisiranno presto la coscienza di essere un popolo e dichiareranno guerra all’umanità in un proliferare di esplosioni e crolli sottomarini. Anche nel popolo delle salamandre, però, nasceranno divisioni intestine: sarà l’inizio di un conflitto dal potenziale inarrestabile, in grado di condurre alla distruzione globale.

Si tratta di un romanzo acuto ed intelligente, pieno di riferimenti alla realtà dell'epoca, che riesce nell’intento di raccontare – attraverso un uso eccellente del genere – un periodo storico cupo e difficile, in cui l’umanità venne a trovarsi a pochi passi dal baratro.
Con una scrittura intensa e coinvolgente e attraverso un adeguato uso della satira, Capek formula un durissimo atto d’accusa contro la società contemporanea, i nazionalismi in ascesa ed il colonialismo rampante, puntando il dito contro lo strapotere delle macchine, l’adorazione della scienza e la frenesia del potere.
Ne scaturisce un testo che – nonostante il passare degli anni – ha mantenuto intatta la sua forza persuasiva: un monito ricco di spirito e di ironia, capace di toccare nel profondo e far riflettere come solo i grandi libri riescono a fare.


Consigliato a: coloro che vogliono riscoprire un classico della fantascienza che costituisce, allo stesso tempo, un atto d’accusa contro una società che coltiva dentro di sé i germi dell’autodistruzione.


Voto: 8/10


martedì 12 marzo 2019

5 cose che... 3

BUONGIORNO!!!
Il Book Pride è quasi arrivato e la previsione di acquisti sfrenati mi fa pensare non solo ai millemila libri che ancora devo leggere ma anche alle saghe in corso...

Quindi oggi parliamo di...


5 saghe da terminare

Ad essere onesti, ultimamente mi sono abbastanza impegnata nel mettermi in pari, perciò molte delle saghe che ho in corso non le ho terminate solo perché ancora non sono proprio usciti i libri.
Tuttavia ce ne sono alcune per le quali la situazione è diversa: cianciamo le bande e vediamo subito quali sono le cinque serie in cui sono rimasta indietro e che ho scelto di piazzare nel post di oggi!

1. TRILOGIA DI ROTH
Non so se questa trilogia abbia un nome, non so se vda considerata tale o che altro dato che fino a qualche anno fa non sapevo nemmeno che i libri fossero collegati. Comunque stiamo parlando di Il seno, Il professore di desiderio e L'animale morente. Ebbene: io ho letto L'animale morente, poi ho letto Il seno e prima o poi leggerò anche Il professore di desiderio, che alloggia da anni tra i miei scaffali di libri in attesa. Abbiate fede, prima o poi toccherà pure a lui!

2. TRILOGIA DI VIGEVANO
Questa ce l'ho in corso d'opera, invece. Scritta da Lucio Mastronardi e composta da Il maestro di Vigevano, Il calzolaio di Vigevano e Il meridionale di Vigevano, l'ho comprata ventimila anni fa per ragioni che ad oggi mi sono ignote e la sto leggendo in questo periodo perché è ambientata nella zona in cui ho vissuto per 24 anni e che - a quanto pare - frequenterò sempre meno. Ho letto già i primi due e devo dire che, nonostante le storie non mi esaltino totalmente, è bello ritrovare un dialetto conosciuto.

3. ADAMSBERG
Adoro il commissario Adamsberg, davvero. Lui è uno dei pochi motivi che mi spingono a leggere gialli pur non amando particolarmente il genere. Ho letto i primi sei libri della serie... cosa aspetto a continuare? Ve lo dico subito, ma non ridete: attendo che Einaudi pubblichi il volume unico che racchiude gli ultimi tre. Già... perché ho i due precedenti e odio avere edizioni diverse.

4. BOTTEGA BATTIBALENO
Questa serie per ragazzi mi piace a volumi alterni; è composta da quattro libri e ne ho già letti tre. Il motivo per cui non l'ho ancora terminata è semplice: non so come recuperare in prestito l'ultimo! Davvero. I primi due me li ha dati mia cugina, il terzo la biblioteca, ma per il quarto non so dove andare a cercare...

5. BERLIN
Per questa serie sono giustificata!
Al momento sono stati pubblicati sei volumi e non so se la storia è conclusa oppure no, tuttavia sono davvero giustificata perché ho iniziato questa serie solo la settimana scorsa e ho già letto due libri: mi sono piaciuti e mi sono subito messa in moto per recuperare i successivi, così piano piano (ma nemmeno tanto) mi posso mettere in pari con le uscite e lanciarmi nella lettura.


Per oggi è tutto...
Adesso vado a leggere ma comunque vi aspetto al prossimo post!

PS: noi saremo al Book Pride sabato 16, naturalmente con l'immancabile carrellino arancione. Voi ci sarete? Se sì e ci vedete, fateci un fischio!


venerdì 8 marzo 2019

I colori dell’incendio, Pierre Lemaitre



I colori dell’incendio rappresenta il secondo capitolo della trilogia inaugurata, qualche anno fa, con Ci rivediamo lassù (vincitore del Goncourt nel 2013).
Mentre il precedente romanzo si svolgeva all’indomani del primo conflitto mondiale, stavolta Lemaitre sceglie come ambientazione la Francia degli anni Trenta: una nazione lassista ed impotente che sta assistendo ai primi segnali dell'incendio che negli anni a venire devasterà il continente europeo.

Marcel Péricourt, celebre banchiere, è deceduto improvvisamente e la figlia Madeleine si vede costretta a prendere in mano l'impero finanziario di cui è unica erede. Ma il destino crudele, in agguato come un brigante di strada, è sempre pronto a mettere i bastoni fra le ruote. Il figlioletto di sette anni Paul, nel corso delle esequie, compie un gesto estremo che sarà l’inizio di un cataclisma economico-familiare che ridurrà Madeleine alle soglie della miseria.
La donna, forte ed orgogliosa, sarà quindi costretta a fare ricorso alla sua intelligenza e a vari sotterfugi per risalire la china e rimettere in sesto la sua disastrata esistenza.

Lemaitre riesce a delineare un affresco impietoso della classe politica e della borghesia francese degli anni trenta; un mondo in cui arrivisti e speculatori senza scrupoli sono pronti a tutto per raggiungere i loro scopi.
Affidandosi al proprio nume tutelare – Dumas padre – l’autore francese costruisce una sorta di “Conte di Montecristo” in versione femminile, con l’ostinata Madeleine pronta a rivestire i panni di Edmond Dantes. Lo schema classico della caduta a cui fanno seguito risalita e vendetta funziona sempre, nonostante il trascorrere dei decenni, ed il lettore è pronto a fare il tifo per l’eroina decaduta, pronta a tutto pur di riappropriarsi del posto che le compete.
Lemaitre è un signor autore: stile e scrittura sono impeccabili, conditi da un’intelligente ironia di fondo che rende scorrevole la narrazione. Seppur lievemente inferiore a Ci rivediamo lassù – per un eccesso di melodramma che contamina eccessivamente alcune parti dell’opera – è comunque un romanzo che merita di essere letto: un “quadro d’autore” che va gustato senza interruzione dall’inizio alla fine.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi dalla struttura profondamente classica, che riportano in auge il mito dell’eroe decaduto e pronto alla rinascita, ed a chiunque apprezzi i libri che riescono a farci percepire il sentore e l'atmosfera di epoche lontane.


Voto: 7/10



martedì 5 marzo 2019

Cinque storie ferraresi. Dentro le mura, Giorgio Bassani


Con questa raccolta di racconti (Lidia Mantovani, La passeggiata prima di cena, Una lapide in via Mazzini, Gli ultimi anni di Clelia Trotti e Una notte del '43) Giorgio Bassani vinse, nell’ormai lontano 1956, l’ambito Premio Strega. Le cinque storie – come suggerisce il titolo - hanno in comune l’ambientazione: una cittadina di provincia che, nella narrazione di Bassani, diventa l’emblema di una nazione assoggettata alla dittatura fascista.
La rinascimentale Ferrara con le sue strade e le sue botteghe, la Torre e il Camposanto, i contadini e la borghesia, la comunità ebraica e le milizie fasciste, diventa lo sfondo lungo cui si muovono personaggi che si abbandonano all’ineluttabilità del destino, immersi in un’atmosfera avvolgente che oscilla tra il puro realismo e la cornice onirica.

Più che di racconti, si tratta di veri e propri “affreschi”; il ritratto di un nugolo di individui che si muovono quasi in punta di piedi, immersi in un flusso di avvenimenti che ne decreterà il destino. In particolare, l’autore è riuscito ad indirizzare uno sguardo pungente e allo stesso tempo sarcastico su quella borghesia che tra gli anni venti ed il primo dopoguerra aderì - per paura, per calcolo o per semplice rassegnazione – all’ideologia fascista dominante.

Con una prosa elegante e raffinata Bassani ci racconta – con garbo e delicatezza – una  Ferrara lontana nel tempo, dove proliferano fascismo, opportunismo ed odio razziale ed in cui il coraggio è una qualità quasi scomparsa, che si manifesta in via del tutto eccezionale. Forse il “periodare” un po’ troppo ampio può creare qualche difficoltà al lettore di oggi, avvezzo ad una prosa più immediata e meno ridondante.
Resta comunque un libro da leggere, per capire che cosa accadesse realmente “dentro le mura” di una città ricca di tradizioni ed impegnata a reggere il confronto con un momento particolarmente difficile della nostra storia.


Consigliato a: coloro che amano la rivisitazione storico-nostalgica di epoche passate filtrata attraverso il racconto delle esistenze di persone qualunque.


Voto: 7/10




venerdì 1 marzo 2019

Il Canaro della Magliana, Massimo Lugli e Antonio Del Greco





Credo che chiunque di voi abbia sentito parlare del “Canaro”, l’autore dell’efferato delitto che ebbe luogo alla fine degli anni '80. Un toelettatore di cani della zona popolare della Magliana, a Roma, salì alla ribalta per il brutale omicidio di un complice; un fatto che rimase negli annali per la sua crudeltà in quanto la vittima, prima di essere finita, sarebbe stata torturata a lungo e mutilata a più riprese.
Il giornalista e giallista Massimo Lugli ed il dirigente della Squadra Omicidi di Roma Antonio Del Greco, a distanza di anni, hanno dedicato un romanzo a questa vicenda, innestando una vicenda di fantasia con personaggi inventati su un substrato di fatti storici reali.
Ne è scaturito un libro che, seppur scorrevole, non eccelle nel campo della fiction né tanto meno in quello del documento storico: un giallo/noir che, purtroppo, non brilla per originalità all’interno di un panorama letterario piuttosto stereotipato.
Ma veniamo alla trama…    

Il 9 di febbraio del 1988 un corpo carbonizzato viene rinvenuto in una discarica alla periferia della capitale. Il cadavere presenta segni di torture raccapriccianti. L’indagine viene affidata alla squadra mobile in cui milita Angela Blasi, un’ispettrice al suo primo caso nella sezione omicidi. L’inchiesta appare tutt’altro che semplice. L’identificazione della vittima condurrà gli inquirenti sulle tracce di una figura assolutamente insospettabile: uno stravagante proprietario di una toeletta per cani.

Che a trent’anni di distanza venga rispolverata la vicenda del Canaro – e non solo da questo testo, ma anche dal recente film premiato a Cannes dal titolo Dogman - non è affatto sorprendente: nessun altro delitto, probabilmente, è stato in grado di alimentare l’immaginazione popolare tanto da trasformare una truce vicenda di vendetta in uno dei più celebri fatti di cronaca nera della fine del secolo scorso. Il fatto che, per raccontare questa storia, si sia formato un connubio tra un noto giallista italiano e chi condusse le indagini doveva essere il punto di forza del progetto. In realtà la miscela tra realtà e finzione non funziona granché: la parte romanzata è abbastanza ordinaria e priva di guizzi; gli eventi reali sono descritti in maniera meccanica, senza aggiungere niente di nuovo a ciò che abbiamo letto sui libri e sui giornali.
Alla fine, resta la sensazione di aver letto un giallo abbastanza comune, più utile come passatempo che come vero e proprio documento storico.


Consigliato a: coloro che amano i libri che mescolano vicende reali a elementi di fantasia ed a chiunque cerchi un "gialletto” scorrevole da leggere sotto l’ombrellone (anche se purtroppo non è ancora stagione).


Voto: 6/10